mercoledì 9 novembre 2016

Donald the POTUS

E alla fine arrivò il "cigno nero". Come è accaduto per la Brexit, dove nessuno si aspettava la vittoria del "Leave", Donald Trump è diventato il 45° Presidente degli Stati Uniti (o meglio, lo diventerà il 19 Dicembre, quando i Grandi Elettori lo voteranno definitivamente).

Vorrei fare una mia piccola analisi di quanto avvenuto, da uomo della strada, che comunque non conosce l'America profonda perché non ci vive, ma analizza con senso critico quanto legge.

Il primo aspetto che va tenuto in considerazione è che, comunque sia andata, gli elettori americani sono andati a votare circa nello stesso numero di aventi diritto rispetto al 2012 (quando ci fu il trionfo di Barack Obama al suo secondo mandato). Quindi nessuna fuga dalle urne, come qualcuno paventava come possibile arma in più di Trump, in quanto secondo alcuni analisti si sarebbe potuto avvantaggiare del calo del voto afro-americano e ispanico.

Il secondo è che, come raramente accaduto in America, un candidato Presidente ha condotto una campagna elettorale contro tutto il suo Partito e contro una buona parte della stampa e dei media.
Se a questo si aggiunge l'uso massivo di "celebrities" da parte di Hillary, è facile intuire come Donald sia stato percepito come un candidato "di rottura", lo stesso ruolo che ha provato a giocare Bernie Sanders dalle parti dell'Asinello, ma con risultati differenti.

Il terzo è che Trump è un uomo di televisione: sa stare in video, sa come muoversi, non è mai impacciato e sembra sempre dire e fare ciò che pensa. E questo a quanto pare è piaciuto all'elettorato.

Il quarto è che Donald ha cercato voti dove, almeno in teoria, per lui era difficile trovarne: nei disoccupati bianchi del Mid-West, schiacciati dalla crisi, vedi ad esempio il caso del Michigan, terra della Detroit capitale dell'auto in disarmo, che dal 1992 votava Democratico (e nel 1992 aveva votato per Bill Clinton). Per un uomo che si propone come ricco immobiliarista, trovare i voti di chi è morso dall'indigenza o dalla scarsezza di reddito è stato veramente un jolly.

Il quinto, ma non ultimo, è l'emergere sempre più chiaro di tre realtà nel mondo occidentale: una è fatta di persone iper-connesse, che credono di essere informate su ogni cosa, ma in realtà non hanno una propria idea, facendosi trascinare da quanto i social media propongono, senza un alcunché di spirito critico (questa tendenza riguarda molto i giovani nativi digitali). La seconda è quella fatta dall'estremo opposto, cioè quelli che per ignoranza o impossibilità ai social media non sono legati, e che quindi vanno per sentito dire e votano di pancia o sulla base di quello che vota l'amico di fianco (solitamente le persone più anziane). Queste due rappresentano le due realtà che, in termini numerici, sono le maggioranze. Infine c'è la terza realtà, quella che a un sano realismo della seconda categoria, associa l'uso dei social media in senso critico, costruendosi una propria idea, senza usare quella degli altri pre-confezionata. Questa però è una sparuta minoranza.

Detto che in America probabilmente sarei di idee sicuramente più Repubblicane e avrei votato Trump, credo che però questo non nasconde i dubbi che nascono dalla sua vittoria: sarà capace? Quante delle sue promesse elettorali manterrà? Il Partito lo supporterà, visto che ha la maggioranza in entrambe le Camere, con conseguente aumento esponenziale della sua azione di governo?

Queste risposte The Donald ce le darà in 4 anni... nel frattempo vi lascio una piccola riflessione: la Corte Suprema americana ad oggi conta di 4 membri Democratici e 4 Repubblicani, in attesa di sostituzione del nono recentemente scomparso, e che con ogni probabilità sarà Repubblicano. Ma, in aggiunta a ciò 2 dei tre membri più anziani (ricordo che la carica è a vita, salvo rinuncia per gravi impedimenti e infermità) sono stati eletti da Bill Clinton, quindi riconducibili all'area Democratica. Uno è del 1933 e uno del 1938... il rischio è che la corte possa passare da "5 a 4" a "7 a 2", con la nomina di magari giudici relativamente giovani, che segneranno quindi l'azione delle leggi nei prossimi 30 anni. Donald probabilmente potrebbe influenzare anche la politica americana dei prossimi decenni.

2 commenti:

  1. Interessante analisi! Nei prossimi anni in America sono destinate a diventare sempre più rilevanti numericamente le minoranze etniche come gli ispanici e gli afroamericani. Come farà secondo te un partito Repubblicano con un baricentro molto spostato verso il Tea Party a reggere senza rischiare di rappresentare im futuro una minoranza ristretta di elettori? Lo domando senza intenti polemici.

    Enrico

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    1. Il problema è se effettivamente queste nuove minoranze si faranno sentire e se troveranno, come in parte è successo con Obama, un candidato che rappresenti le loro istanze. Credo che in realtà Donald sia più libertario che verso i tea party, anche perchè come uomo di spettacolo deve per forza avere una mente più aperta alla varietà. Secondo me è tutta questione di chi si presenterà tra 4 anni... forse ci può riprovare una donna ex-first lady afroamericana, come qualcuno già ipotizza

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