mercoledì 1 febbraio 2017

Il "miracolo" di The Donald

Ancora una volta parliamo di lui, l'uomo del momento: Donald Trump. Neanche il tempo di entrare nei pieni poteri ed ha già scatenato un'onda di polemiche e di manifestazioni contro di lui senza precedenti nella storia.

Ora, io non voglio entrare nel merito delle scelte fatte dall'amministrazione Trump, ma su un fatto che può apparire secondario, ma che secondo me tanto secondario non è.

Donald, con la sua mossa della limitazione dei visti, è riuscito nell'impresa di schierare idealmente dalla stessa parte "no global" e multinazionali, "terzomondisti" e capitalisti senza scrupoli. Le ONG e i gruppi a sostegno dei migranti, provenienti dalle guerre e dai paesi più poveri del mondo protestano contro la chiusura delle frontiere a persone bisognose e le multinazionali decidono di impegnarsi ad assumere migranti nei prossimi anni o a fare raccolte fondi anche interne ai loro impiegati da donare a queste popolazioni. I due nemici acerrimi che si "alleano" contro Trump. E' qualcosa di veramente incredibile.

Se, quantomeno, l'associazionismo mantiene le sue idee (che magari in alcuni casi non mi trovano d'accordo sulla modalità) e quindi sono coerenti, il comportamento delle multinazionali è quantomeno opportunista. Di quella manodopera, specializzata o meno, tutti i grandi marchi, sia industriali che della new-economy, si sono serviti in questi anni per produrre ricchezza per i loro azionisti, per progredire al fine di generare profitti. La situazione di queste persone la conoscevano. Ed ora, tutto a un tratto, in una ondata di perbenismo imperante, cosa fanno? Raccolgono fondi, si adoperano per migliorare le condizioni di vita, dicono di voler assumere migranti, pontificano sull'importanza della ricerca che deriva dall'aver importato le migliori teste pensanti dei paesi "sotto bombardamento".

Ora mi chiedo: perché? Perché hanno paura che, come sta succedendo a qualcuno, la loro app sia cancellata dai cellulari? Perché hanno paura di non vendere i loro prodotti? Di perdere una reputazione? E perché l'associazionismo non grida allo "sciacallaggio" verso questi soggetti, come hanno fatto in altre occasioni e a più riprese?

Vi invito a riflettere su questi spunti. Perché le cose vanno viste anche dall'altra faccia della medaglia: se tu fossi un americano dell'America profonda, quella anche un po' poco scolarizzata, come dicono, che ha votato Trump, che è fortemente nazionalista e vede sempre "prima l'America", come reagiresti? I risultati, forse, li vedremo a stretto giro.

2 commenti:

  1. Bella riflessione!Sembra che lo schieramento anti-Trump non abbia capito quale sia la reale rottura introdotta dal modo di fare politica del nuovo Presidente degli Stati Uniti. È una dicotomia tra identità-apertura, tra solidarietà ed egoismismo, tra nazionalismo sfrenato e cosmopolitismo. Non si può prendere una posizione ambigua dall'altra parte, magari strizzando l'occhio a chi fino a l'altro ieri hai avversato. Serve chiarezza e credibilità perché con un'opposizione ambigua Donald Trump si rafforza sempre di più e così le sue politiche.

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    1. Esatto Enrico, questa ambiguità non da forza al pensiero critico, facendo apparire l'opposizione come una armata Brancaleone variopinta, senza però una precisa identità. E su questo, gli uomini soli al comando, trovano grande giovamento, basta vedere a casa nostra...

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