mercoledì 7 dicembre 2016

Il vizio radical-chic

Nelle mie evidenze post-Referendum (qui il post) vi avevo accennato nella parte conclusiva alle edificanti esternazioni di una rappresentante del PD nei confronti di chi ha votato No. Nello specifico, facendo un richiamo al voto estero a larga maggioranza per il Si, ha esternato che questo risultato era dovuto alla "fuga di cervelli" di cui tanto si parla in ambito di ricerca e innovazione. Come a dire che chi ha votato No è uno con poco o nullo cervello, in quanto rimasto in Italia.

Se l'esternazione fosse stata una e isolata, probabilmente si sarebbe andata ad inserire in un contesto di una "uscita poco felice" di un esponente politico. Però, come osservato da un articolo di Pierluigi Battista sul Corriere della Sera on-line di oggi, in realtà il vizio dei cosiddetti radical-chic di sbeffeggiare e denigrare chiunque non voti quello che loro ritengono giusto, è un vizio che si ripete ciclicamente in Italia, e che ha trovato nuova linfa nel nuovo modello di sinistra benpensante di cui Renzi è il massimo esponente (chissà per quanto ancora, viene da dire).

Quella sinistra salottiera e elitaria, figlia del politically correct, quella che parla di accoglienza, ma non vuole vicino il centro profughi, quelli ricca, ma che vuole apparire vicina ai problemi dei più poveri, quella che benpensa. La morale è che esiste sempre una fetta minoritaria di popolazione che si crede di serie A, che giudica di serie B e becera la maggioranza, aumentando però in questo modo il clima di disaffezione e distanza che si crea tra Stato e cittadini.

Questo avviene soprattutto quando al Governo vi è una forza che si circonda di questi personaggi, che non si sforza di vedere la realtà delle strade e della quotidianità di quella maggioranza meno fortunata, che per arrivare a fine mese deve fare i salti mortali.

Non voglio fare demagogia a basso prezzo, ma credo che fintanto che non si rompe questa sorta di muro che divide le persone, non sarà mai possibile fare qualcosa di concreto per questo Paese. Una politica che mira al consenso personale, al tornaconto proprio, alla difesa della rendita, all'auto-celebrazione e al mero mantenimento del consenso non è una politica seria. Ma neanche una politica fatta di no continui e rifiuto del confronto con l'avversario, perché lo si ritiene indegno di parlare, non porta a vantaggi, in quanto non fa capire cosa si voglia fare per cambiare la situazione.

Credo che in Italia sia il momento di una nuova idea, un nuovo modo di vedere le cose, uscendo dagli steccati classici, ma senza cadere nel populismo da bar, ma neanche nel politicamente corretto a ogni costo. Chissà se qualcuno riuscirà nell'impresa... la vedo dura.

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